EX CAPORALE DEI CARABINEROS, JULIO PINO UBILLA, DALL'INGHILTERRA:

"Torture? È il lavoro sporco che ci tocca fare nel sud del Cile"

I recenti episodi di tortura nei confronti di giovani indigeni comuneros nella città di Ercilla non sono un caso isolato in territorio Mapuche.

Non è una novità nemmeno per i Carabineros cileni, nonostante il Capo del IX Distretto di Polizia abbia prontamente scartato, in modo deciso, ogni accusa di abuso inflitta dai suoi uomini ai detenuti.

“Per fortuna i cittadini ci conoscono” ha dichiarato l'alto ufficiale. Ma qualcuno che li conosce veramente bene è l'ex comandante dei Carabineros Julio Pino Ubilla, intervistato da Newcastle.

Fonte: Periodico AZKINTUWE

A cura di Pedro CAYUQUEO - Sabato 20 Maggio 2006

TEMUCO - Venerdì scorso, accompagnati dal capo del “Consiglio di Tutte le Terre”, Aucán Huilcaman, tre giovani mapuche hanno presentato alla Corte d'Appello di Temuco una querela criminale contro i Carabineros per “torture, maltrattamenti disumani e degradanti”. Si tratta di Felipe Cayul Huenchullan (20 anni), Henry Queipul Morales (18) e Jorge Huenchullan (29), i quali giovedì 11 maggio sono stati arrestati e brutalmente malmenati da agenti dei Corpi Speciali dei Carabineros lungo una strada di campagna del Comune di Ercilla, a 90 km a nord dal capoluogo della regione, come evidenziano i certificati medici e le stesse immagini trasmesse dai telegiornali che hanno documentato l'accaduto.

Secondo la versione della polizia, i tre giovani facevano parte di un gruppo di incappucciati che hanno preso d'assalto una squadra di Corpi Speciali che viaggiava su un autobus istituzionale nei pressi del fondo Montenegro, appartenente a Rene Urban, una delle 42 proprietà fondiarie della regione che può contare sulla protezione delle forze dell'ordine 24 ore al giorno, dietro ordine del Pubblico Ministero.

A seguito di questo incidente, e tenuto conto della reazione della polizia a questo attacco, i tre giovani mapuche sono stati arrestati, ha precisato il commissario dei Carabineros di Collipulli, capitano Eduardo Berríos.

I diretti interessati riportano una diversa versione dei fatti. Jorge Huenchullán, uno dei tre giovani che denuncia gli abusi, dichiara che i fatti si sono verificati lo scorso giovedì alle 14 circa, mentre camminava assieme al fratello e al cognato di ritorno dalla casa dei genitori che vivono nel predio Santa Elisa, a circa 2 chilometri da Temucuicui. Mentre attraversavano la strada pubblica del luogo, sono stati avvicinati da forze dell'ordine appostate nelle vicinanze, che li hanno arrestati violentemente, accusandoli di essere dei latitanti.

"Dovevamo per forza passare per quella strada e i Carabineros appostati insistevano col dire che eravamo ricercati. Abbiamo continuato a camminare e ci hanno seguiti all'interno della comunità. Per prima cosa ci hanno sparato contro, arrestato, per poi farci salire ammanettati sulla camionetta dove ci hanno malmenato per circa due ore. Dopodichè sono arrivati i Carabineros di Ercilla, ci hanno spostato su un altro veicolo e ci hanno portato alla città di Collipulli" racconta Huenchullán.

Nelle mani dei Carabineros, i ragazzi sono stati picchiati e torturati. Lo dimostrano le gambe dello stesso Huenchullán, piagate da lividi e ferite diverse, così come il viso, che presenta una ferita nell'occhio sinistro, provocata da un colpo con il calcio di un'arma. "Mi hanno colpito qui con un fucile tanto da farmi sanguinare... Sono andato ad accertare le lesioni al Servizio Medico Legale di Angol e mi hanno fatto i raggi su tutto il corpo, perchè sono pieno di lividi ed ematomi. Il medico mi ha persino chiesto ‘Com'è possibile che possano fare questo? Sembrano i tempi peggiori della dittatura' proprio questo ci ha detto", racconta il ragazzo.

Paradossalmente, i tre giovani sono stati accusati di "aggressione a pubblici ufficiali", per cui sono stati portati alla Procura Militare, dove alla fine, però, sono stati rilasciati per mancanza di prove. Ciononostante, la Procura di Collipulli li ha accusati di "danno a proprietà", essendo state formalizzate dette accuse. Per cinque giorni sono stati detenuti e oggi si aspettano che giustizia sia fatta. "L'azione legale ha lo scopo di fare in modo che la polizia in uniforme giustifichi davanti alla giustizia le azioni violente per mano dei propri agenti, l'arresto illegale di persone, la reazione armata senza aver ricevuto alcuna aggressione ", dichiarano.

Non solo questo. Sperano anche che l'alto comando dell'istituzione poliziesca mostri le "armi" che secondo la polizia i giovani avrebbero avuto con sé al momento dell'arresto, e i cappucci che indossavano, che mostri davanti ai mezzi di comunicazione il veicolo della polizia che avrebbe subito gravi danni dopo il supposto attacco ed infine, che si rendano note le identità del personale dei Carabineros che sarebbe stato ferito nell'attacco e si mostrino le ferite che hanno dichiarato di aver ricevuto dai tre giovani. Si tratta di richieste ragionevoli, conformi al diritto di qualsiasi detenuto, ma che dubitano possano essere alla fine soddisfatte.

La storia nera della polizia

I recenti episodi di tortura nei confronti di giovani indigeni comuneros nella città di Ercilla non sono un caso isolato in territorio Mapuche.

Non è una novità nemmeno per i Carabineros cileni, nonostante il Capo del IX Distretto di Polizia abbia prontamente scartato, in modo “deciso”, ogni accusa di abuso inflitta dai suoi uomini ai detenuti.

“Per fortuna i cittadini ci conoscono” ha dichiarato l'alto ufficiale, minimizzando in questo modo la validità delle denunce del capo Aucán Huilcamán.

Ma qualcuno che li conosce veramente bene è l'ex comandante dei Carabineros Julio Pino Ubilla, il quale risiede attualmente a Newcastle (Inghilterra), mentre attende da rifugiato politico la risoluzione finale di un lungo processo giudiziario (Vedere nota allegata).

Dalla fine del 2002, Pino Ubilla si trova in territorio inglese, dopo essere fuggito dal Cile a seguito di minacce di morte da parte di ufficiali dei Carabineros. La ragione? La ferrea opposizione del funzionario di polizia a continuare a mantenere il silenzio sui costanti abusi e le azioni brutali contro i detenuti a cui ha dovuto assistere e sentir raccontare nelle caserme di polizia dove prestava servizio. Perseguitato dai propri ex compagni d'armi, il caporale è fuggito in Inghilterra con la moglie, anche lei ex funzionaria di polizia, essendo stata accolta nell'agosto del 2003 la sua richiesta di rifugio politico dal Tribunale dell'Immigrazione inglese.

Dopo quasi tre anni dal suo arrivo in Inghilterra, Pino cerca a fatica di rifarsi una vita, in attesa di una risoluzione giudiziaria che gli permetta di lavorare regolarmente, nonché accedere pienamente ai benefici che gli spettano in quanto rifugiato politico. La sua storia è atipica. Non si tratta di un perseguitato per ragioni politiche, religiose o etniche. Viene perseguitato perché si rifiuta di rimanere in silenzio, perché cerca di dire la verità sul funzionamento interno di un'istituzione di polizia che ha ereditato dalla dittatura militare non solo il suo profilo militarizzato, ma anche condotte che attentano i diritti umani e le libertà civili di centinaia di cittadini all'anno, così come riferiscono rapporti di Amnesty International o la stessa Organizzazione Mondiale Contro la Tortura (OMCT).

Di seguito riportiamo l'intervista  esclusiva – via e-mail – all'ex funzionario di polizia dalla città di Newcastle, nel nord dell'Inghilterra.

- Julio, cosa ne pensi delle nuove denunce contro i Carabineros nella zona di conflitto Mapuche?

- Beh, ad essere sincero, non sono una novità. È il pane quotidiano: succedono sempre le stesse cose ma nessuno fa mai nulla al riguardo, men che meno il governo che si rende complice di questi abusi. Leggo sempre i giornali indipendenti o regionali su Internet ed episodi di questo genere vengono denunciati di continuo. La tortura continua ad essere praticata anche nella democrazia, ma in maniera un po' più sofisticata, in modo da non lasciare prove fisiche. E questo succede non solo con la comunità Mapuche , ma anche con gli altri popoli, gli omosessuali, i venditori ambulanti e le persone di bassa estrazione economica, decine di casi che molte volte la gente non osa denunciare e se lo fanno sono vittime di rappresaglie.

- Non osano per paura di chi?

- Degli stessi agenti. In Cile non esiste un sistema sicuro per denunciare gli abusi perpetrati dalla polizia. Non esiste un'istituzione giuridica che accoglie queste denunce. Basti pensare che attualmente è la stessa procura militare che si occupa di tali questioni, ed essi sono allo stesso tempo giudici e parti in causa. Quindi, dove si denunciano questi fatti? Non esistono nemmeno istanze affinché gli stessi funzionari dei Carabineros denuncino questa situazione all'interno dell'istituzione; mi riferisco a denunce su abusi che possono essere stati ordinati dagli ufficiali. Se denunci un funzionario di grado inferiore, qualunque sia l'accusa, è probabile che venga sanzionato e possa essere dimesso, ritirato, ma quando si tratta di un ufficiale, non puoi farlo perchè si tratta di un tuo superiore e ha poteri su di te. Non puoi denunciare un ufficiale senza ricevere rappresaglie e molte volte sono essi stessi ad ordinare gli abusi. Non sto giustificando i funzionari, ma la mia esperienza mi insegna che molti di loro sono messi sotto pressione dalle autorità per eseguire dure repressioni.

- La tua opinione è che questi abusi siano noti agli ufficiali e che siano accettati e persino promossi dalle autorità medie. Mi riferisco a tenenti, commissari, maggiori, e così via.

- Certo che è così. È ovvio che le autorità medie e persino superiori sono a conoscenza di questi fatti. Ricorda la famosa frase militare che recita: "Qui non si muove nessun documento senza che io lo sappia ". Questo succede anche nell'istituzione dei Carabineros, perché ereditata dall'Esercito, per cui è una polizia militarizzata retta da vecchi codici di istituzioni militari, oltre al fatto di essere stata per tanti anni al servizio di una dittatura come accaduto in Cile. Non si tratta di casi isolati, di uno o due funzionari diventati violenti o di uno o due caserme abituate a picchiare. La tortura viene ancora praticata tra i Carabineros e non sono solo io a dirlo, che l'ho visto di persona, ma anche molti rapporti che rimangono nel silenzio.

- E cosa succede con le denunce che vengono riportate?

- Quando accade qualcosa di grave, qualcosa di cui l'opinione pubblica è a conoscenza e genera un impatto, come per esempio la morte di qualche detenuto in una caserma o cose del genere, si spezza l'anello più debole della catena. Crollano uno o due funzionari, l'alto comando lamenta i fatti, le autorità dicono di confidare nelle istituzioni e tutto è sistemato. Quando è in corso una protesta, come per esempio quella degli studenti nel centro di Santiago, so che l'ordine di disperderli e reprimere duramente la rimostranza viene dal governo e la eseguono gli ufficiali. Tuttavia, se la situazione precipita, la colpa cade sui Carabineros, sui funzionari di grado minore.

- Nel 2003 hai denunciato che personale specializzato veniva inviato da Santiago a reprimere le comunità Mapuche... Anch'essi avevano ricevuto l'ordine dalle alte autorità di torturare e abusare dei detenuti?

- Non esistono istruzioni che dicano: "Hai l'ordine di torturare questo o quel dirigente". È una pratica che si esegue, ma che non è regolata da norme, perchè i trattati internazionali e la legislazione cilena lo proibiscono. Ma il personale delle forze speciali che è stato inviato al sud era preparato, principalmente, per convergere in zone di conflitto violento ed era sottoposto ad un intenso programma di addestramento, dove si insegnava anche dove e come colpire i detenuti, tecniche di tortura che ancora oggi vengono insegnate nelle istituzioni armate. "Quello che accade in servizio muore in servizio", ci dicevano, è come una sorta di patto. Se vedi qualcosa di brutto, fai finta di non averlo visto. Inoltre, abusare e torturare numerosi detenuti è ancora lo sporco lavoro che ci tocca fare nel sud e gli ordini arrivano sempre dai superiori.

- Cosa pensi del fatto che le alte autorità negano sempre l'esistenza di abusi e violenze nei confronti dei detenuti Mapuche?

- Quando ero un allievo, avevamo istruttori che ci svegliavano tutti i giorni e ci picchiavano duramente. Il mio capo gruppo era il Generale Jara Fernández. Attraversavamo all'1, alle 2 e alle 3 della mattina il suo giardino (viveva nella scuola di una casa militare) cantando in scialle e pigiama; a quell'ora in inverno in Cile fa molto freddo e molti compagni si ammalavano. Credi che il generale dicesse qualcosa il giorno dopo? Quindi, se permetteva ciò con i Carabineros alunni, che erano sotto la sua diretta responsabilità, cosa potrebbe accadere con i detenuti, siano essi Mapuche o no? Le alte autorità sono i re del cinismo in questo contesto.

- Qual è l'immagine che gli ufficiali della polizia in Cile hanno dei Mapuche?

- Negativa. C'è razzismo nei loro confronti. Persino nelle file istituzionali ci sono molti discendenti Mapuche, che sono vittime di discriminazioni e scherzi da parte del resto dei compagni, molte volte da parte di loro pari o superiori, ma siccome non esiste alcun modo sicuro di denunciare questi abusi, tutto rimane impunito. L'immagine che esiste in generale tra i Carabineros della Regione Metropolitana, dove prestavo servizio, è come se i Mapuche venissero da un altro pianeta e le proprie rivendicazioni non siano giuste né abbiano precedenti storici. C'è in gioco anche una questione di classe sociale. Nelle cause legali a cui dobbiamo partecipare, sempre, nel 95% dei casi, i nostri ufficiali parteggiano dove si trova il denaro, ovvero per i latifondisti, ad esempio. E si tratta di persone benestanti, di classe medio-alta, e siccome i nostri ufficiali hanno manie di grandezza, stanno dalla loro parte e li difendono a tutti i costi, abusando dei Mapuche, se necessario.

- Com'era il comportamento dei funzionari di origine Mapuche nell'istituzione?

- Quando ero nel 3º Commissariato Santiago Central, c'era un carabinero di origine Mapuche che era vittima del Capitano Yerko Sáez Guerra, il quale lo discriminava sempre per il colore della pelle, i capelli, i tratti del viso, lo penalizzava sempre, lo umiliava, si prendeva gioco di lui di fronte agli altri funzionari. Come credi che sia quindi il comportamento di un funzionario Mapuche? Sottomesso, perchè gli ufficiali sono padroni e signori dell'istituzione e se credi non sia così prendi il mio caso personale come esempio dell'impunità di cui godono.

- Cosa pensi dei corsi sulla cultura Mapuche che il governo sta promuovendo all'interno dell'istituzione dei Carabineros? Credi che possano servire per migliorare la condotta della polizia?

- Mi piacerebbe sapere come vengono impartiti questi corsi, quanto durano e a che ora si svolgono. Gli ufficiali sono molto creativi quando si tratta di parlare o insegnare, scelgono sempre orari molto speciali, ad esempio quando sei in uscita o in entrata per il servizio notturno... Credi che quando sei rimasto in piedi tutta la notte tu possa prestare totale attenzione o mostrare interesse? È probabile che molti funzionari siano obbligati ad assistere alle lezioni e che i corsi siano stati imposti dalla pressione delle autorità civili, per mascherare questo problema. Speriamo serva a qualcosa, anche se ho i miei dubbi.

- Sgombero a Temucuicui da parte della polizia. Foto d’archivo.

Tre giovani mapuche hanno intentato una causa legale contro i Carabineros per torture, maltrattamenti crudeli, disumani e degradanti.

I recenti episodi di tortura nei confronti di giovani indigeni comuneros nella città di Ercilla non sono un caso isolato in territorio Mapuche.

Non è una novità nemmeno per i Carabineros cileni.

Intervista con l'ex caporale Julio Pino Ubilla, fuggito dal Cile nel 2002 dopo aver denunciato abusi contro mapuche nella sua istituzione.

"La tortura si pratica tuttora all'interno dell'istituzione dei Carabineros e non lo dico solo io, ma anche numerosi rapporti che rimangono nel silenzio".

 

 

 

 

 

 

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